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Rosso Malpelo

Caparbio e coraggioso e’ Rosso Malpelo che cerca ed affronta la morte  nella miniera , conscio del suo destino che  non puo’ sfuggire.
 La caparbieta’ di Malpelo si esprime nell’ accettazione della vita  e della  morte  quali sono, nel ripudio di ogni affetto , nell’odio verso gli uomini che hanno portato al sacrificio il padre , mentre  il suo eroismo e’ rappresentato  dalla  devozione  al  mestiere:  condanna  ecvita dei  poveri di Verga.


Nella sua elementare filosofia Rosso sa che il povero non ha scampo e deve soggiacere a qulcosa piu’ forte di lui  ( “Mio padre …non  batteva  altro  che l’arena , percio’ lo chiamavano Bestia , e la rena se lo mangio’  a tradimento , perche’ era piu’ forte di lui.”) e sa adattarsi a questa  legge , senza ribellarsi, come si accetta il brutto o il bel tempo ( “Era avvezzo a tutto lui, agli scapaccioni, alle pedate, ai colpi di manico di badile, o di cinghia da basto…”).
 In questo racconto – che insieme  con  Jeli il pastrore  puo’ considerarsi il momento piu’ alto di Vita dei campi- il Verga approfondisce due temi   che gia’ in Nedda  aveva intuito come  essenziali allo sviluppo lirico del suo mondo: la rassegnazione e la solitudine.


A proposito di Malpelo egli osserva : “nessuno avrebbe  potuto dire se quel suo piegare il capo e le spalle sempre fosse effetto di fiero orgoglio o di disperata rassegnazione”; in realta’ Rosso e’ un ribelle solitario spietato verso  se stesso e gli altri, chiuso nei suoi rancori e nei suoi affetti (il babbo e Ranocchio).
Quanto alla  solitudine potremmo dire il Verga segna il primo sviluppo di un tema intorno al quale costruira’ i suoi personaggi, sicche’ sarebbe facile tracciare la storia della solitudine verghiana: dall’isolamento ossessivo di Rosso Malpelo alla solitudine “ corale” dei Malavoglia..
Piu’ infelice di Jeli che puo’  trovare un attimo di requie nella contemplazione della natura,  Malpelo e’disperatamente solo col suo odio verso tutti, verso l’asino che batte senza pieta’, verso Ranocchio che pure, a modo suo, ama.
Tra i poveri dipinti da Verga Malpelo e’ forse il piu’ disgraziato perche’ non sa amare e vorrebbe amare, perche’ non puo’ uscire dal cerchio ferreo della sua solitudine. Con questo personaggio Verga  e’ piu’ che mai spietato : non offre scampo alla sua pena ne’ rifugio al suo odio che  e’ il volto incompreso di un amore costantemente ripudiato. Jeli  e’ meno solo di Rosso : infatti egli ha il conforto della natura e degli animali , un mondo che solo lui comprende e dal quale gli altri restano esclusi quasi quel mondo volesse rivelarsi solo al pastore che lo sa amare . Mentre il paragone con le bestie  e’ in Rosso una delle manifestazioni piu’amare del suo odio verso gli altri e della sua solitudine;  anche il dolore dell’uomo – e non quello fisico- e’ visto attraverso il dolore delle bestie  perche’ l’essere primitivo, elementare, si sente piu’ vicino a quel dolore  e lo comprende..
La chiusa solitudine , la rassegnazione , la coscienza di un destino che non si puo’ combattere erano dunque i motivi essenziali che il Verga doveva approfondire per creare l’immagine eterna del suo povero quale era  andata  delineandosi da Nedda a Vita dei campi.

Gaetano Mariani  in “Giovanni Verga”,orientamenti Culturali, Marzorati  editore, Milano 1975

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